Lo «stolone» giovannita

Uno dei segni distintivi propri dei cavalieri professi dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme è il «cordone» o «stolone» ricamato con gli Strumenti della Passione che viene portato attaccato al collo dell’abito corale.

Il Cerimoniale della Professione, approvato da Urbano VIII e tutt’oggi in vigore, spiega che esso viene imposto al nuovo religioso dell’Ordine a perenne ricordo

dell’aspra Passione del nostro Signor Gesù Cristo, che patì per noi in Croce, ricordandovi spesso, che questa è la Corda, colla quale fu legato; questi furono gli Flagelli, coi quali fu battuto, questa è la Colonna, dove fu legato, e flagellato aspramente; questi furono li Dadi, e questa la Spugna, e finalmente questa è la Croce sopra la quale patì nostro Signor Gesù Cristo per noi, la quale ha da esser vostra guida, e vostra insegna in tutte le imprese vostre, e per tutto il tempo di vita vostra.

Il cordone simboleggia quindi il giogo di Cristo (Mt 11,25-30) che “è soave, e leggiero, e vi condurrà alla vita eterna, se lo saprete tollerare con quella pazienza, e con quella carità, che da voi si aspetta, come da vero Religioso, e da onorato cavaliere”.

La più antica raffigurazione del cordone, con una foggia apparentemente più semplice di quella attuale, è quella che compare  nel monumento funebre del Priore di Venezia fra’ Bertucci Contarini (morto nel 1490) che si conserva oggi nella Chiesa Priorale di San Giovanni Battista a Venezia.

Lapide sepolcrale di Fra’ Bertucci Contarini

Lo troviamo illustrato in seguito negli statuti del 1585, dai quali si vede che all’epoca era lasciato pendere sulla schiena,  mentre oggi è appoggiato sul braccio sinistro.

È stato portato anche dalle monache professe di diversi monasteri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e ancora oggi ne fa uso la Priora del Monastero di Sant’Orsola alla Valletta.

Lo stolone è composto da cinque «quadri». Nella parte superiore troviamo la Croce con il cartiglio recante il Titulus crucis, la corona di spine, la canna con la spugna con cui il centurione diede da bere a Gesù acqua e aceto, e la lancia con cui fu trafitto il costato del Signore.

Seguono un cartiglio con la scritta SITIO (ho sete), il martello e le tenaglie che servirono a crocifiggere il Signore e la scena del bacio con cui Giuda lo tradì nell’Orto degli Ulivi.

Nella parte successiva sono raffigurati il cosiddetto Velo della Veronica, cioè la pezza di stoffa con cui una pia donna deterse il sudore e il sangue di Gesù lungo la via del Calvario; e il gallo che con il suo canto ricordò a Pietro quando il Signore durante l’Ultima Cena gli aveva predetto che di lì a poco lo avrebbe rinnegato.

Vi sono poi la colonna a cui Gesù fu legato ed i flagelli con cui fu colpito.

Nel quadro successivo sono rappresentati la tunica senza cuciture con cui Gesù fu rivestito; la spada sguainata dal discepolo nell’Orto degli Ulivi; e la borsa con i trenta danari pagati a Giuda per il suo tradimento.

Un cartiglio con la legenda CONSVMMATVM EST (tutto è compiuto) precede il quinto quadro nel quale troviamo i dadi con cui i soldati giocarono a sorte per la sua tunica, la brocca con la quale Ponzio Pilato si lavò le mani e la Croce ottagona.

In alcune raffigurazioni compaiono anche un cestino di vimini, necessario al frate giovannita per ricevere le elemosine; un ramo di palma simbolo del martirio; e una mano a ricordo di quelle che Pilato si lavò prima di consegnare Gesù ai suoi carnefici.

 

Lo «stolone» giovannita